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Il Sacro Monte del Santuario di Sant'Anna di Montrigone

Il piccolo Sacro Monte di Borgosesia

Il “piccolo” Sacro Monte del Santuario di Sant'Anna di Montrigone sorge sul colle del monte Rigone (dal latino Origonus, a sua volta da Oro, cioè “pianoro rialzato” un termine appartenente allo strato linguistico padano e molto diffuso in Valsesia) e a pieno titolo si inserisce nel sistema dei Sacri Monti prealpini che caratterizzò, particolarmente nel XVI e XVII secolo. Nonostante sia piccolo per le dimensioni e ben posteriore al suo modello, meraviglioso Sacro Monte di Varallo, il Santuario osserva le stesse “regole” che fanno di un luogo un Sacro Monte, emblema del grande afflato di religiosità popolare che si espresse tra Piemonte e Lombardia:è dotato di un percorso devozionale che si snoda lungo le pendici di un’altura, in un ambiente naturale (che era) isolato; ha delle architetture al cui interno si illustrano scene della vita della Vergine e di Cristo (altrove di Santi); ha una secolare e attestata tradizione di pellegrinaggi.

La decisione di costruire un santuario in cima all'altura di Montrigone fu assunta dai fedeli di Borgosesia trascinati dall'impegno organizzativo e finanziario che un mugnaio del borgo, Gian Battista Daij detto "Paniga", si assunse in prima persona. Si onorava in tal modo un voto fatto dalla comunità locale durante la terribile peste del 1629-31.

Percorrendo la salita che porta al Santuario in mezzo ai pini, dal piccolo insediamento di Montigone al Santuario di Sant'Anna, si incontrano le 14 edicole, stazioni della Salita al Calvario, così che il sito potrebbe essere incluso tra i complessi devozionali dedicati alla Via Crucis. Le stazioni della Via Crucis raffiguranti la Passione di Cristo sono state realizzate a partire dal 1663, anno in cui la fabbriceria riuscì ad acquistare i terreni necessari presenti nell’area della collinetta. Vennero terminate entro il 1763 e affrescate dal maestro valsesiano Lorenzo Peracino. Purtroppo, alcuni incauti restauri del 1864 hanno irrimediabilmente compromesso le parti pittoriche, provocandone la perdita quasi totale.

Il Santuario deve la sua fama alle sei cappelle dedicate agli episodi della Vita della Vergine alle quali si aggiunge, come in una sorta di cappella del Paradiso (evocante quella del Sacro Monte di Crea), la decorazione fittile della cupola con la Assunzione di Maria. Per la realizzazione delle scene contenute nelle cappelle la fabbriceria incaricò dei lavori il grande maestro alagnese Giovanni D’Enrico, famoso per la sua quarantennale esperienza nel cantiere del Sacro Monte di Varallo, coadiuvato dalla bottega di Giacomo Ferro, di Riva Valdobbia. Purtroppo, possediamo pochissime notizie sulla distinta attività artistica dei due statuari a causa della perdita dell’archivio della fabbrica avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento. La mano del D’Enrico è però facilmente rintracciabile almeno nelle cappelle della Natività di Maria e della Visitazione, mentre certamente non sue sono le la Presentazione al Tempio e la Morte della Vergine, realizzate dal solo Ferro con i fratelli per l’avvenuto decesso del maestro. Ben poco si conosce sulle tele seicentesche che possiamo ammirare nel coro e nell’abside. Dalla sinistra troviamo una grande tela raffigurante la Circoncisione, segue il Primo sogno di Giuseppe, al centro dell’abside troviamo la Natività di Gesù, si prosegue sulla destra con l’Abbraccio di Anna e Gioacchino alla Porta Aurea e si conclude con l’Adorazione dei Magi.

Oltre agli affreschi, all’ interno del Santuario si conservano le 150 statue in terracotta policroma realizzate dall’architetto Giovanni d'Enrico, attivo a Varallo, e da Giacomo Ferro (circa 1644). È molto probabile che anche il progetto della chiesa - avente per altro una struttura assai semplice - sia opera di Giovanni d'Enrico, architetto e grande plasticatore, artefice dei lavori che in quegli anni si erano realizzati a Varallo. La realizzazione dei gruppi statuari all'interno del santuario e sotto gli archi esterni, nelle nicchie scavate nella roccia, mostra quale rilevanza, come modello di arte sacra capace di coinvolgere emotivamente i fedeli, dovessero avere a quel tempo, in tutta la diocesi di Novara, le cappelle costruite sopra la parete di Varallo. Non a caso il complesso di Montrigone venne definito anche "porta del Sacro Monte di Varallo". Le statue sono a grandezza naturale, alcune dotate di barbe e capelli veri e riprendono la gestualità della Gerusalemme valsesiana, anche se le cappelle stesse sono concepite in modo più semplice rispetto alla grande teatralità del modello varallese. Pochi minuti di silenzio, lasciando che lo sguardo spazi tra le mura della chiesa e il paesaggio di cui si gode dal panoramico sagrato e già si respira tutta l’affascinante storia di questo santuario: l’arte, la devozione, le guerre, la pestilenza, la cultura popolare.

  • LUOGO : BORGOSESIA